Campoli Appennino







Santa Restituta

"LA SAGA DEI 9 CAMPOLESI, IL MIRACOLO DI SANTA RESTITUTA E L'ORMA DEL PIEDE DELLA SANTA IMPRESSA SULLA ROCCIA." Nel IX secolo D.C., 9 campolesi furono fatti prigionieri da Pietro Adulterino, Comandante della città di Sora, e letteralmente gettati in un orrido e squallido carcere. Per circa due anni patirono le pene dell'inferno; tormentati dalla fame e dalla sete non videro per un solo giorno la luce del sole. Quando ormai si rassegnarono al loro crudele destino, ebbero la fortuna di incontrare un'entità superiore pronta a salvarli. Questo racconto è tratto dal libro " Un Remoto Angolo D'Italia"; Autore: Maestro BASILIO CONFLITTI. " Nel secolo IX, i campolesi aizzati dal Conte Pandolfo il Maggiore, si ribellarono ai sorani. Ebbero la peggio e quest'ultimi non contenti di aver loro devastati i campi e razziati gli armenti, ne presero prigionieri nove e li consegnarono al Comandante la città di Sora, Pietro Adulterino. Il Comandante, nemicissimo dei campolesi, fece gettare quei miseri prigionieri in un orrido carcere, posto presso la chiesa di S. Restituta. Ivi languirono per due anni, soffrendo ogni sorta di tormenti. L'orribile e tetra prigione potevasi paragonare più a sepoltura che a carcere. Solo tre volte la settimana venivano nutriti quegl'infelici con scarsissimo pane e con pochissima acqua. Dopo due anni di atroci pene, in occasione del Venerdì Santo, il Preposto di S. Restituta, chiamato Adone, pregò Pietro Adulterino di voler far assistere ai divini misteri anche quei miseri carcerati. Ottenuta la grazia quei miseri trascorsero la mattinata, pregando davanti la tomba di S. Restituta, implorandone il patrocinio. Terminate le sacri funzioni del Venerdì Santo, il Preposto pregò ancora il Comandante che in ricordo della morte di nostro Signore Gesù Cristo, almeno per quel giorno facesse godere un po' di sole ai disgraziati prigionieri. Il fierissimo Pietro con arroganza negò la grazia. Allora, come ispirato, il sacerdote disse: Otterranno da altri quel che tu neghi ! Così fu. Nella notte la Santa Vergine Restituta apparve a quei derelitti e disse loro :- Orsù, alzatevi e uscite perchè la cateratta è aperta- . Quei poveretti rimasero attoniti e non si mossero. La Santa replicò: - Che attendete, o neghittosi? Io sono Restituta, la serva di Cristo, quella che tanto fervorosamente avete pregata stamane. Uscite di qua che vi assisterò finchè non siate in luogo sicuro.- Fiduciosi i carcerati si levarono e seguirono la Santa e poterono attraverso mille peripezie tornare in seno alle loro famiglie. " Prosegue la nota a piè di pagina del medesimo libro. " Il prodigio narrato s'accorda mirabilmente con l'antichissima tradizione del - Piede di Santa Restituta.- Quasi un chilometro a sud-ovest di Campoli, sull'antica strada che porta a Sora, si osserva sulla pietra calcare una caratteristica e nitida impressione di piede sinistro. Secondo la tradizione, quale compimento del miracolo narrato, la Santa, che prodigiosamente aveva aperto il tetro carcere ai poveri campolesi, li accompagnò fino a quel luogo. Ivi per ricordo del suo soprannaturale intervento, impresse sulla pietra viva l'orma del suo piede sinistro. Li assicurò pure che ormai potevano tornare senza pericolo alle loro case. Nel 1848 per riattare quel tratto di strada, il sacro luogo fu ricoperto di ciottoli e di terra. Nel 1860 per volere del popolo fu scoperto e fatto segno a venerazione. Nel 1926 per opera di un comitato di concittadini residenti a Detroit, Michigan (U.S.A.), vi venne costruita una cappellina.


Santa Maria delle Cese


Edicola Santa Restituta


Sant'Antonio Macchiaioveri


Parco delle Rimembranze


Fontanile Capp'llitt'


Fontanile Acquevive


Fontanili


Tomba bisoma


Pietra murata Campoli

"ANCORA AVVOLTA NEL MISTERO LA SCRITTURA SULLA PIETRA MURATA IN UN CASOLARE IN CONTRADA FONTANA NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI CAMPOLI APPENNINO" Nel 1822 il grande egittologo francese J.F. CHAMPOLLION riuscì a decifrare le scritte in geroglifico incise sulla celeberrima STELE di ROSETTA. Ma ancora oggi, nella nostra piccola realtà, malgrado vari tentativi atti a svelare l'arcano significato delle frasi riportate su una pietra murata in un casolare situato nei pressi della "fontana d' capp'llit", nessuno è riuscito a decifrare e quindi a dare un significato alle parole scolpite sulla roccia calcarea della pietra. La pietra squadrata, ritrovata nello stesso areale in zona Fontanelle nel 1880 durante lo scavo di un acquedotto, presenta sulla faccia levigata ed esposta alla visione 5 righe incise costituite da strane lettere. La prima menzione su questa strana lapide fu fatta nel libro scritto dal Maestro Basilio Conflitti, " Un remoto angolo d'Italia", pubblicato nel 1928; eccone il contenuto integrale: "In una casa colonica presso la fontana è murata una pietra squadrata, 46X50 rinvenuta poche centinaia di metri lontano, durante l'escavazione d'un acquedotto, nel 1880. Vi sono segnate le seguenti lettere, ( si trascrivono letteralmente), che aspettano ancora.... il loro Champollion." La seconda menzione si trova nel libro scritto da Pasquale Mastroianni, "Monografia storica di Campoli Appennino" , pubblicato nel 1996, della quale si riporta fedelmente il testo: Ad un'altra iscrizione su pietra cubica di cm. 46X50, venuta alla luce nel 1880 in località "Fontanelle", murata sulla parete esterna dell'abitazione degli eredi di Geremia Conflitti, in contrada "Fontana", è stata data, dal compianto arciprete Don Vincenzo Di Poce, una interpretazione che potrebbe essere quella giusta, per cui si fa espresso invito a chiunque abbia dimestichezza con la scienza della epigrafia di volersi dedicare allo studio dell'enigmatica epigrafe, un vero rompicapo, specie negli ultimi due righi, per sciogliere una volta per tutte l'arcano che si nasconde in essa. Questa, comunque l'interpretazione a cui è giunto il nominato Don Vincenzo Di Poce : vedasi una delle foto postate." Infine nel testo scritto da Andrea Capoccia e Stefano Guadagni, "L'acquedotto nel Lacerno" e risalente al 2009, si riporta un'attenta analisi epigrafica della lastra di pietra calcarea eseguita dalla glottologa, Dott.ssa Ilaria Bruni, la quale utilizzando tecniche epigrafiche più moderne, inficia irrimediabilmente il tentativo operato da Don Vincenzo Di Poce. Eccone l'interessantissimo apporto: "Il supporto dell'iscrizione è una lastra di pietra calcarea di spessore non definibile, essendo stata murata, e mutila sul lato destro. Le dimensioni della parte visibile sono di circa 40 cm di larghezza e 48 cm di altezza. All'interno della lastra è stato inciso un rettangolo indicante il campo epigrafico, atto ad accogliere l'iscrizione, con le dimensioni visibili di 31x33x38 cm. Così come la lastra, anche il campo epigrafico è incompleto sul lato destro, motivo per cui sono presenti delle lacune anche nell'iscrizione. Nel testo inciso al suo interno sono stati utilizzati dei caratteri in 'capitale', ovvero un sistema grafico di lettere 'maiuscole', riconducibili alla scrittura gotica, diffusa dalla seconda metà del XII sec; che almeno inizialmente utilizza le capitali di tipo onciale, (stile scrittorio utilizzato in Italia tra IV e IX sec. d.C.). Le lettere a questo proposito più interessanti sono: la 'n' maiuscola con tratto obliquo semplificato, (I-III riga), le 'c' ad occhiello chiuso e doppio apice divergente, (II-IV-V riga), la 'e' a occhiello chiuso e doppio apice inferiore, (IV riga), la 'h' (V riga, dopo la 't' a 'farfalla'). Oltre agli aspetti grafici, è possibile riscontrare altro in comune con il tipo scrittorio gotico: l'utilizzo di alcuni meccanismi di abbreviazione di parole, per cui ano è da leggersi "anno" e Dni, "Domini", e la condivisione di alcuni tratti delle lettere tra più lettere, ad es. "ut", ( cioè il nesso). A causa di questi artifici e dello stato di conservazione dell'epigrafe è stato possibile dare solamente una lettura appunto 'preliminare' dell'iscrizione e una breve interpretazione. Vengono proposte alcune letture, diverse da quella del Di Poce, il quale, non essendosi potuto avvalere di tecniche più avanzate, non ha individuato alcuni segni visibili invece al momento della ricognizione. Sono stati utilizzati i seguenti simboli convenzionali : + = grafo corrotto, non leggibile; (abc) = grafi non presenti ma integrabili; (...) = lacuna. Pertanto questa dovrebbe essere la lettura: an(n)o D(omi)ni + .C.C.C.X.X.X. nono gaian (?) (...) et iois + + cgr (?) (...) ut hoc pug (...). Si tratterebbe probabilmente di una iscrizione di carattere 'dedicatorio' con l'indicazione dell'anno di dedica, dei dedicanti, (tra terza e quarta riga), e dell'oggetto dedicato, ( probabilmente tra quarta e quinta riga), purtroppo mutilo. L'uso di un formulario di matrice cristiana e il tipo di scrittura utilizzata rendono possibile l'individuazione del periodo di produzione di questa iscrizione, che va collocato nel Basso Medioevo." Quindi, siamo ancora ben lungi dal dare un'interpretazione esauriente alla misteriosa incisione. Per ora possiamo solo dire che si tratta di un testo dedicatorio e, grazie allo studio della particolare grafia, che il periodo storico in cui fu incisa la lapide risale al Basso Medioevo.


Miniere

A Campoli Appennino in passato erano attive miniere di ferro. Si trovano lungo il sentiero che conduce a Colle Uomo


Punta Mazza


Presepi Vallone di Capo d'acqua


Valle Carbonara


Rifugio Capo d'acqua


Ponte di Lecce

Ponte in pietra di epoca romana sul fiume Carpello